Israele, porto del Medioriente


Israele e l’area medio-orientale sono da quasi 60 anni al centro delle vicende politiche internazionali e per questo ne sentiamo spesso parlare al telegiornale o nelle pagine di cronaca estera; ma com’è l’economia israeliana? Ovviamente non esiste una risposta unica a questa domanda; tuttavia, se escludiamo i Paesi le cui economie si basano quasi completamente sul petrolio, Israele ha una delle situazioni migliori dell’intera area. Nonostante in questo momento la fase di recessione globale si faccia sentire, i principali indicatori economici hanno continuato a seguire un trend di crescita che non subisce interruzioni ormai da qualche anno. In particolare il Prodotto Interno Lordo ha avuto un incremento del 3,5% nel 2008, rallentato dalla performance del secondo semestre (+1,8%) che ha abbassato l’ottimo risultato dei primi sei mesi dell’anno (+4,9%). L’aumento del Pil del 2008 arriva dopo tre anni di crescita superiore al 5% annuo (5,35% nel 2007, 5,21% nel 2006, 5,29% nel 2005) e rimane comunque più alto della media dei Paesi dell’intera area medio-orientale (+1,4%). L’aumento ancora consistente del Pil del primo semestre 2008 è stato indotto soprattutto dall’aumento nei consumi privati (+4,2%), dal surplus delle partite correnti e dall’aumento nei flussi di import (+ 7,8% solo nel primo quadrimestre) ed export (+10,7%); e come se non bastasse nei primi sei mesi del 2008 si era registrato anche un incremento dell’indice della produzione industriale, a + 4% rispetto all’inizio dell’anno. Per il 2009 la Banca Centrale israeliana prevede una contrazione del Pil dell’1,5%. Secondo gli ultimi dati disponibili (primo semestre 2008), le politiche di contenimento della spesa attuate dal governo israeliano hanno avuto profondi riflessi sia sul debito pubblico, per il quale è proseguita la riduzione complessiva (nel 2007 è arrivato all’ 80% del Pil), sia sul deficit di bilancio, che è salito dallo 0,02% all’1% del Pil. Prima dell’intensificarsi della crisi economico- finanziaria globale, alcune fonti ufficiali stimavano che il rapporto deficit/ Pil avrebbe continuato a scendere anche nel biennio 2008-2009, poiché il governo israeliano aveva dichiarato con decisione di voler raggiungere un valore inferiore al 60%, in linea con la media dei Paesi OCSE. Ma oggi quelle previsioni sembrano troppo ottimistiche e bisogna aspettare di vedere quanto le misure straordinarie prese dal governo per arginare la crisi e assistere l’economia abbiano influito sul rigore nei conti pubblici. Per quanto riguarda il tasso d’inflazione, nel 2008 ha raggiunto il 3,8% dopo essere stato a lungo nel corso dell’anno al di sopra della forbice di oscillazione programmata dal governo, trainato prima dall’aumento dei costi del petrolio e delle materie prime, e poi frenato dalla crisi dei consumi e dal repentino crollo dei prezzi delle materie prime. Per il 2009 le stime della Banca Centrale israeliana parlano del 3,6% (previsione del maggio 2009). Sul fronte dei tassi d’interesse, anche in Israele si è assistito al taglio drastico dei tassi a partire dall’ultimo quadrimestre del 2008. Nell’autunno dell’anno scorso infatti il tasso di riferimento utilizzato dalla Banca Centrale per i rifinanziamenti era ancora al 4,25%: oggi, dopo i continui abbassamenti, è fissato allo 0,5%. La Banca Centrale ha quindi seguito le mosse operate dalla Fed e dalla BCE nell’ultimo anno, ma ha preso una strada diversa per quanto riguarda la liquidità complessiva del sistema: la base monetaria in Israele non ha infatti subìto l’impennata registrata negli Stati Uniti (dove è raddoppiata in appena 6 mesi!) o nell’Eurozona (dove è aumentata repentinamente e ora è stata solo parzialmente contratta per i timori inflazionistici). Sul fronte del mercato del lavoro, fino a metà dell’anno scorso le iniziative prese dalle autorità israeliane avevano permesso un abbassamento del tasso di disoccupazione, che a maggio 2008 aveva raggiunto il livello più basso degli ultimi 20 anni attestandosi al 6,1% contro il 7,4% nell’equivalente periodo 2007 (e nel 2005 il tasso di disoccupazione era ancora superiore al 9%...). L’Ufficio Centrale di Statistica israeliano ha poi reso noto che il livello della disoccupazione maschile (sempre relativamente alla prima metà del 2008) è stato del 5,9% contro il 6,3% di quella femminile. E nonostante i naturali effetti della crisi economica, le previsioni a medio termine parlano solo di un leggero cambiamento di rotta nel trend di riduzione del tasso di disoccupazione, e non di un’esplosione del numero dei senza lavoro. L’economia israeliana, viste le dimensioni ridotte del mercato interno e la scarsità di risorse naturali è sempre stata molto aperta agli scambi internazionali, che giocano quindi un ruolo fondamentale. Per questo motivo Israele ha siglato già da molti anni accordi commerciali con gli Stati Uniti, con l’Unione Europea, con i principali Paesi industrializzati e con quelli sudamericani (Mercosur). Secondo gli ultimi dati disponibili (fonte ICE) nel primo semestre 2008 Israele ha importato merci per un totale di 28,4 miliardi di dollari (+33% rispetto allo stesso periodo del 2007), mentre ha esportato beni per 21 miliardi di dollari (+23,7% rispetto al primo semestre 2007). Il deficit commerciale nel periodo gennaio-giugno 2008 è quindi stato pari a 7,3 miliardi di dollari. L’Italia occupa il quinto posto tra i fornitori di Israele preceduto da Stati Uniti, Germania, Cina e Svizzera. Rispetto al primo semestre 2007, le esportazioni italiane in Israele sono aumentate del 26%, passando in valori assoluti da 1,05 a 1,32 miliardi di dollari. Le esportazioni italiane si sono concentrate soprattutto nei settori dei macchinari e delle attrezzature elettriche, nei prodotti chimici, nei metalli di base, nella plastica e nella gomma e nei settori tessile e dell’abbigliamento. Ottima la performance del settore delle calzature, con un aumento del 28,5% rispetto ai primi sei mesi del 2007. Le importazioni italiane da Israele hanno registrato nel primo semestre 2008 un aumento del 35% (per un valore totale di 834 milioni di dollari) rispetto al 2007, e si sono concentrate nei prodotti chimici, nei prodotti di plastica e gomma e nei macchinari. Nel complesso l’interscambio commerciale tra Italia e Israele ha fatto registrare un surplus di 493 milioni di dollari a favore dell’Italia, con un aumento del 13%.
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