Giuseppe Menin: a 13 anni modellista, a 17 libero professionista

“Ho iniziato giovanissimo ad avvicinarmi al mondo calzaturiero – racconta Giuseppe Menin. Sono nato a Camponogara nel 1940 in una abitazione che era raggiungibile attraverso un sentiero costeggiato da fossati (quasi impraticabile durante l’inverno) e di notte rischiarato a malapena dalla luna e dalle stelle. Mio padre era un contadino e mia madre una brava sarta che garantivano alla famiglia l’autosufficienza e per questo qualcuno in paese ci considerava benestanti. Come quasi tutti i ragazzi della mia età, dopo alcuni anni di scuola decisi di cercarmi un mestiere. A quei tempi si presentavano buone opportunità di lavoro nel calzaturiero, e così iniziai come garzone a banchetto: esperienza che mi consentì di fare pratica in tutte le operazioni necessarie alla fabbricazione di una scarpa in due diversi laboratori. Intanto frequentavo la scuola per modellisti di sabato (alla consegna del diploma ebbi la medaglia di bronzo come 3° premio). Tra i primi datori di lavoro ebbi Loris Zenato di Fossò. Nonostante fossi poco più che un ragazzo divenni il suo braccio destro. Egli mi accolse come un figlio e mi permise di fare un’esperienza molto avanzata. Andavamo insieme ad acquistare le macchine a Vigevano (che in quel periodo era la zona più industrializzata per macchinari per calzature). Non potevo lamentarmi del trattamento economico che era molto interessante per quel tempo, ma i miei sogni erano altri. A 17 anni decisi che era giunto il momento di dar vita ad un’attività per conto mio e così, con la firma di mio padre, ottenni l’emancipazione dal giudice necessaria per potermi aprire un conto corrente bancario. Alla fine degli anni ’50 il mercato calzaturiero italiano cresceva rapidamente e la scuola per modellisti, che avevo frequentato, rappresentava un trampolino di lancio per quanti avessero talento da esprimere. Fu così che decisi di fare esperienza come libero professionista, e mi offrii al mercato come modellista. Le occasioni di lavoro non tardarono a presentarsi e così, dopo alcune collezioni per il mercato italiano, accettai di andare a disegnare in Germania. Avevo appena 19 anni, non parlavo una parola di tedesco ed era la prima volta che andavo all’estero. Lavorai con serietà ed impegno e venni ricambiato con la conferma di ritornare di stagione in stagione. A quella tedesca seguì un’analoga esperienza in Norvegia e Austria. In breve tempo, con la collaborazione di una piccola fabbrica, realizzai la mia prima collezione di 12 modelli di scarpe da donna e insieme all’agente, che mi procurava i contatti con le ditte straniere, mi recai in Austria presso la più grande fabbrica del paese che aveva anche una catena importante di negozi. Il primo ordine che mi fu commissionato mi lasciò sbalordito: 3600 paia. Non avevo né una fabbrica, né un operaio, ma riuscii ugualmente a fare in modo di onorare l’ordine al quale ne seguirono altri con diversi operatori commerciali che mi permisero di dar vita all’azienda che avevo sognato fin da ragazzo. I miei punti di forza furono: la creatività, la competenza tecnica e commerciale raggiunta con le varie esperienze anche internazionali. Agli inizi del 1963 iniziai l’attività industriale e mi iscrissi all’Associazione Acrib nel luglio dello stesso anno, entrai nel direttivo nel 1968 e vicepresidente nel 1985”. Le capacità imprenditoriali di Giuseppe Menin non sfuggirono naturalmente al direttivo dell’Acrib che, alla scadenza del mandato di Luigino Rossi, cercava una figura che fosse all’altezza del Presidente uscente. Nel luglio del 1988 Giuseppe Menin fu nominato alla carica di Presidente dell’Associazione Calzaturieri della Riviera del Brenta affiancato dai vice Renè Fernando Caovilla e Guerrino Carraro. “Accettai volentieri la nomina – confida Menin – ponendo una sola condizione: la modifica dello statuto sul punto della permanenza in carica del Presidente. Al tempo indeterminato in vigore fino ad allora, proposi la rotazione quadriennale così da designare ogni quattro anni una nuova figura che potesse portare idee e strategie diverse”. Al momento dell’insediamento di Menin alla presidenza Acrib, il distretto calzaturiero brentano contava 10.000 addetti e 822 aziende. “Alla fine degli anni ’80 -ricorda Giuseppe Menin – la situazione non era certo rosea. Cominciavano a soffiare venti di recessione economica che si manifestarono chiaramente alla fiera Gds di Dusseldorf del 1988 con acquisti ritardati il più possibile dai clienti: ordini frammentati in piccoli quantitativi e competizione sempre più esasperata. Nonostante ciò, la calzatura della Riviera riuscì ugualmente a tenere il mercato, facendo registrare un calo del 3% nel triennio 1986-89 contro una media del 6-7% del settore calzaturiero italiano. Un calo contenuto che era frutto delle scelte lungimiranti degli imprenditori brentani che avevano puntato sulla qualità e su un aggiornatissimo contenuto moda. Naturalmente, il merito va ascritto anche all’apporto basilare della scuola modellisti di Stra e al Centro Veneto Calzaturiero, inaugurato proprio in quegli anni, che si è dimostrato uno strumento operativo fondamentale per far fronte alla crescente domanda di tecnologie e di servizi. Una tappa che si dimostrò essenziale non solo per la Riviera del Brenta, ma per tutto il Veneto nel costante processo di adeguamento ed evoluzione delle strutture aziendali e di servizio, per far fronte sempre meglio alle nuove esigenze di mercato e al confronto sempre più difficile ed impegnativo con l’industria di tutto il mondo”. Nei primi anni ’90 la situazione si avviò verso uno stallo pericoloso: con la concorrenza sempre più agguerrita dei paesi neo-industrializzati dell’Estremo Oriente. “ Era ormai chiaro a tutti – ricorda ancora Giuseppe Menin – che il mercato non era più lo stesso degli anni precedenti e si rendeva perciò necessario adeguarsi al cambiamento imposto dai tempi. Per questo il mio invito agli associati era diventato categorico: puntare sulla qualità assoluta, sulla scarpa artigianale che nelle vetrine di tutto il mondo rimaneva la più bella, la più fine e la più desiderata. In quella circostanza emergeva una strategia fondamentale: lavorare sodo per salvare il Made in Italy”. Altre difficoltà per il settore calzaturiero brentano di quel periodo si materializzarono nella crescita esponenziale del costo del lavoro che gravava pesantemente sui bilanci delle aziende, e sulla cui soluzione Menin indicava la strada dell’adeguamento ai concorrenti europei. E a questa conclusione affiancava una propria idea di cui ancora oggi si sente parlare: “Dare vita ad un approccio strategico innovativo per le aziende calzaturiere con l’obiettivo di creare grappoli di aziende, piccoli gruppi, che potessero usufruire di vantaggi di scala per raggiungere la soglia minima di investimento nell’area marketing contando sui benefici della vendita diretta del prodotto”. In parole povere il concetto che, da sempre, ha permesso di far fare passi in avanti sia all’economia sia a qualsiasi altra attività umana e cioè che “l’unione fa la forza”. Al termine del mandato dalla Presidenza Acrib, conclusosi nell’estate del 1992 per proseguire nel nuovo impegno di vicepresidente Anci, Giuseppe Menin tracciava così un bilancio della sua quadriennale esperienza durante la tradizionale assemblea generale dell’Associazione. “Sono stati quattro anni impegnativi, ricchi di soddisfazione ma anche di difficoltà. La soddisfazione, prima di tutto, di rappresentare un distretto, come quello calzaturiero brentano, di eccellenza mondiale per fantasia, qualità e sapienza artigianale; poi l’avvio dell’iniziativa di Diplomazia Commerciale, cioè l’incontro degli associati con i rappresentanti di importanti clienti internazionali; il Centro Veneto Calzaturiero, la scuola modellisti, gli acquisti collettivi”. E poi la riflessione sulle difficoltà che come già accennato si erano concretizzate nel momento di preoccupante recessione dei mercati: la drammatica ascesa del costo del lavoro e la concorrenza dei paesi in via di sviluppo che iniziavano a bussare con sempre più insistenza alle porte dei paesi europei. Chiudendo il suo intervento Menin lasciava spazio anche ad una polemica che, da tempo, metteva in evidenza un suo cruccio personale: “ Rimane il rammarico che, mentre noi piccoli imprenditori abbiamo sempre lottato per far grande la scarpa italiana, i politici al governo non ci hanno mai teso la mano per aiutarci”. Una Presidenza, quella di Giuseppe Menin, che si è distinta per realismo e combattività in perfetto accordo con i consiglieri che hanno voluto, al termine del suo mandato, fargli dono di una pergamena con medaglia d’oro motivando il gesto con le seguenti parole: “A Giuseppe Menin per l’appassionata dedizione e le elevate doti umane profuse nel quadriennio di presidenza dell’Acrib conferendo in maniera determinante prestigio e sviluppo alla zona calzaturiera della Riviera del Brenta”. Ma c’è un altro importante traguardo da ascrivere al quarto Presidente Acrib: l’aver creduto nella realizzazione della prima “banca dati storico-stilistica” costituita da migliaia di immagini a colori di modelli di calzature, con la ricostruzione storica dell’evoluzione del gusto e della moda fin dai primi anni del Novecento. Un archivio di importanza fondamentale che il successore alla presidenza Acrib Angelo Gobbo ha commentato al suo insediamento “riconoscendo a Giuseppe Menin il merito ad essere stato il primo a piantare il prezioso seme per l’istituzione della banca dati”. Oggi Giuseppe Menin, ritiratosi da alcuni anni dall’attività calzaturiera (seguendola però con la passione di sempre), si dedica alla raccolta di testimonianze del passato riguardanti la storia della calzatura con alcuni pezzi davvero eccezionali rappresentati da scarpe veneziane del ‘700, calzature di tutte le epoche, libri, riviste e attrezzi ormai introvabili che raccontano l’arte e l’ingegno di un passato ormai lontano. (Diego Mazzetto)
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