Angelo Gobbo: Il Presidente di


L'incontro con Angelo Gobbo, Presidente Acrib dal 1992 al 1996, avviene nella "sua" Celeseo, paesetto poco lontano da Piove di Sacco. Angelo Gobbo è quasi meravigliato dalla richiesta d'intervista sulla sua Presidenza all'Acrib, e dal suo atteggiamento si intuisce che si tratta di un uomo attento ai valori fondamentali della vita e poco incline alle luci della ribalta. "Mi sono sempre considerato - egli racconta - un Presidente di periferia. La storia imprenditoriale della mia famiglia, infatti, è sempre stata qui, a Celeseo, ad una manciata di chilometri dalla Riviera del Brenta, ma lontanissima per mentalità  e visibilità. Allora, viene spontaneo chiedersi, perchè ad un certo punto la famiglia Gobbo non si è trasferita a Stra o Fiesso d'Artico nel momento in cui l'industria calzaturiera godeva del boom economico? La sua risposta, anzi le sue risposte, sono completamente diverse, ma entrambe molto convincenti: "Il primo motivo - egli spiega - risale ai momenti in cui mio padre Pietro andava nei primi anni del secolo scorso a lavorare a Stra da Voltan, dove apprese il mestiere di calzolaio. Ad un certo punto della sua vita, egli conobbe una splendida ragazza di Tombelle (mia madre), che abitava vicino ai ponti e si fece avanti per corteggiarla. Eravamo nel 1923 e l'iniziativa non si dimostrò molto gradita ad un gruppo di ragazzotti fascisti che una sera lo attesero per dargli una gran dose di percosse. Da quel momento mio padre decise di licenziarsi da Voltan e mettersi in proprio qui, a casa sua. Credo che da quel momento non abbia mai più messo piede a Stra. Il secondo motivo per cui non volle trasferirsi nella Riviera del Brenta fu di carattere- se vogliamo usare un termine adatto - campanilistico. Quando le cose iniziarono ad ingranare, gran parte della gente di Celeseo venne a lavorare nella nostra fabbrica e nelle altre aziende create in zona dagli stessi dipendenti che imparato il mestiere da noi decidevano di mettersi in proprio. Per mio padre era una soddisfazione vedere che attraverso la sua laboriosità  il nostro paese, privo da sempre di concrete opportunità  lavorative, non contava nessun disoccupato". Con il seme piantato dal nostro genitore, fu naturale per noi figli seguirlo nella sua avventura con la stessa convinzione di non spostarci da dove eravamo nati". Ma come nacque l'idea di dedicarsi all'associazionismo accettando la presidenza dell'Acrib? "Fu il Presidente uscente Giuseppe Menin a spingermi verso questo passo - prosegue Gobbo. Sotto la sua presidenza ero stato consigliere, e poi la nostra conoscenza risaliva ai tempi in cui, insieme ad altri calzaturieri della zona, avevamo formato una società denominata la Stracalzatura che ci dette modo di sperimentare un'esperienza associativa molto interessante. A quel punto decisi di accettare questa sfida che non si preannunciava certamente facile. In quel momento l'Italia era in piena crisi economica con lo spettro della svalutazione della lira che si concretizzò tra il settembre 1992 e l'inizio del 1993. Fino alla fine degli anni '80 la Riviera del Brenta rappresentava la zona leader della calzatura di segmento medio-fine. La caduta del muro di Berlino, gli allineamenti delle politiche economiche delle nazioni ai parametri di Maastricht creavano grosse incertezze nell'economia mondiale. Incertezze che si manifestarono in tutta la loro negatività con il ridimensionamento di molti nostri clienti che si trovarono improvvisamente ridimensionati da tutta questa serie di eventi". Cosa si poteva fare di fronte ad una situazione così drammatica? "La prima cosa che mi venne in mente - continua Angelo Gobbo - fu quella di dare vita ad una "diplomazia commerciale" con l'intenzione di avvicinarsi ai grossi gruppi d'acquisto basandosi su un'idea di potenziamento dei contatti che già erano stati avviati sotto la presidenza Menin. L'idea si dimostrò azzeccata. Riuscimmo a far venire in Riviera i direttori di grossi gruppi francesi, belgi, perfino americani. Con i tedeschi, da sempre legati per tradizione alla nostra calzatura, riuscimmo a stringere importanti accordi specialmente con il gruppo GB che, in quel momento, aveva il 50% del proprio fatturato rappresentato esclusivamente da scarpe prodotte in Riviera. Contemporaneamente a questa iniziativa, pensai poi di promuovere un servizio che venne chiamato acquisti collettivi, con l'obiettivo di stipulare come Acrib accordi con i fornitori puntando sul fatto che grandi ordinativi significavano anche riduzione dei prezzi e dunque risparmio per tutti. Oltre a ciò pensai di portare avanti quella che per me era un'idea di assoluta importanza per il distretto: una biblioteca a disposizione degli associati dove fosse possibile trovare riviste e materiali inerenti alla calzatura e alla moda, e poi ancora relazioni di conferenze e quant'altro potesse essere utile per allargare l'orizzonte dell'informazione e della creatività. A queste iniziative si aggiunse la promozione dei Mestieri della moda a Venezia che tanto successo stava riscuotendo nel mondo con l'allestimento a Berlino nel 1994 e a New York nel 1995 -96. Sulla scia dei mestieri della moda si decise di mettere in scena un'ulteriore iniziativa che venne realizzata attraverso lo spettacolo teatrale Riflessi Veneziani che ebbe consensi di pubblico e critica. A quel punto, meditai un intervento anche sul piano interno dell'Associazione. Chiamai le organizzazioni sindacali e ragionammo sul concetto che, per riqualificare il distretto, era necessario riqualificare le maestranze e così, nel 1995, si decise di dare vita al primo di una serie di contratti integrativi. Come primo passo si stabilì la necessità di inserire una specie di "meritocrazia" del lavoratore: in parole povere si andava a premiare l'esperienza e le capacità  dei singoli operai. Appena ci mettemmo al tavolo per la trattativa, ci giunsero gli strali dell'Anci e di Confindustria, perchè ormai da anni Confindustria sosteneva che i contratti integrativi dovevano essere su due livelli: nazionale e locale, e quello locale doveva essere aziendale e non, come invece ci stavamo muovendo noi, territoriale. Da qui ebbero inizio delle pressioni di non poco conto che ci crearono non pochi ostacoli. Per la Confindustria il nostro comportamento non era adeguato, e fummo minacciati - nel caso che avessimo firmato l'accordo sindacale - di essere estromessi e in qualche modo contrastati. Ad un certo punto io mi stancai e decisi di andare a Roma per parlare con l'allora responsabile della Confindustria Carlo Callieri. Mi annunciai al personale e fui invitato ad attendere. Pur annunciata più volte la mia presenza, la porta di Callieri rimase chiusa per ben otto ore, e io attesi ugualmente, con pazienza. Ad un certo punto Callieri uscì, e finse di non vedermi. Ma io lo fermai nel corridoio e tentai di spiegare le mie ragioni. La risposta fu perentoria: Guai a voi se firmate quell'accordo! Ed io di rimando risposi: "Ah si? Sa cosa le dico? Visto il suo comportamento vado a casa a firmo! E così feci. Da quella firma iniziò un rapporto positivo con il sindacato che permise di creare quell'evoluzione che prosegue tuttora con i traguardi che ci vengono da tutti riconosciuti. Anche la scomunica di Confindustria poi rientrò e tutto andò a buon fine". Ecco la personalità di Angelo Gobbo, un uomo mite che ama la cultura e la buona educazione, ma che al tempo stesso non ha esitato a tirare fuori le unghie per difendere i valori in cui crede e gli interessi dell'Associazione da lui rappresentata. Uno spirito che gli ha permesso, durante la sua presidenza, di portare avanti altre importanti iniziative. "Ero fermamente convinto, come lo sono tuttora - egli ci spiega - che la miglior qualità del prodotto è frutto dalla miglior qualità  del lavoro. Questa considerazione diventa palese pensando a come si siano trasformate le nostre aziende negli anni sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, sulla tecnologia, sul volto stesso del distretto calzaturiero della Riviera del Brenta. Ma per capire come in quei momenti si stava evolvendo (e con quali future potenzialità), la classe imprenditoriale - anche sul piano anagrafico - decisi di promuovere uno studio mirato sui futuri imprenditori che prendesse in esame le curve, i trend, e tutti gli elementi che potessero servire per determinare i futuri orientamenti di ricambio". Un investimento sulle persone dunque, che si dimostrò azzeccato anche nell'acquisizione della sede del Politecnico calzaturiero di Vigonza. "Noi avevamo una scuola attiva fin dal 1923 - conclude Gobbo. Dopo le sedi di villa Pisani e di villa Loredan a Stra, eravamo "migrati" in una palazzina a Vigonovo. I tempi erano maturi per acquistare per conto nostro una sede dove realizzare i nostri progetti. Riuscimmo nell'intento e oggi possiamo vantarci di avere una scuola di prim'ordine, unica nel suo genere, che ci ha permesso una fondamentale riqualificazione del distretto. Un dato per capire l'importanza del Politecnico si evince dal numero degli allievi occupati: in tredici anni dalla scuola sono usciti 13.000 addetti dei quali ben 11.000 hanno trovato lavoro nelle aziende della zonaâ€. Questa, in breve l'esperienza di Angelo Gobbo alla Presidenza Acrib: "Un impegno condiviso con collaboratori bravi e capaci come il direttore Gianpiero Menegazzo che mi ha sempre sostenuto e affiancato nelle scelte". Oggi Angelo Gobbo non si dedica più attivamente all'imprenditoria calzaturiera, ma non ha rinunciato alla sua grande passione per le riviste (possiede tutta la collezione di Ars Sutoria), i libri, la cultura e gli strumenti musicali, (in particolare l'organo) di cui è grande estimatore. (Diego Mazzetto)
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