Tornano all'antico splendore gli affreschi di Villa Soranzo-Fracasso


Nel suo romanzo dal titolo "Il Fuoco", scritto nel 1900, Gabriele d'Annunzio definiva le antiche pitture della facciata di villa Soranzo, allora trascurate e cadenti, come "resti di cinabro nelle rughe di una vecchia galante". Ai giorni nostri, dopo lo scrupoloso restauro commissionato dal proprietario Oreste Fracasso e diretto dall'architetto Guglielmo Monti, la facciata dell'antica dimora lungo la Riviera del Brenta ha riacquistato tutta la propria bellezza. "Si tratta di un apparato decorativo - afferma Monti - eseguito da un'ottima mano attenta ai dettagli. Per l'attribuzione degli affreschi si è sempre accettato il nome di Benedetto Caliari (1538-1598), fratello di Paolo Veronese. Alla luce di recenti considerazioni, l'arco cronologico dell'esecuzione andrebbe però spostato verso il primo '600, quando cioè la villa divenne di proprietà della famiglia Soranzo. I proprietari precedenti, infatti, non dimostrarono particolare interesse verso la dimora e dunque risulta difficile che abbiano affrontato le notevoli spese derivate da una simile decorazione". I Soranzo, invece, erano i rappresentanti di una tra le più cospicue famiglie veneziane e amavano l'arte. Il loro palazzo veneziano di Rio Marin era ornato con marmi e pitture, mentre il ramo dei Soranzo di San Polo aveva il palazzo affrescato dal Giorgione e una loro villa a Castelfranco era stata dipinta dal Veronese. Si deve dunque assegnare a questa famiglia la commissione degli affreschi e delle pregevoli "finte architetture" - per la cui ideazione qualche studioso ha avanzato il nome di Baldassarre Longhena - artista in stretto contatto con la casata. "Il restauro della decorazione - prosegue l'architetto Monti - è stato accuratamente eseguito dalla ditta Volpin, cui va il merito di aver saputo vivacizzare la facciata rispettando i segni del tempo. In alcune parti è stato necessario ricucire alcune piccole lesioni che avevano portato a delle imbiancature e impoverimenti del colore. Fortunatamente, in origine, la preparazione del dipinto era stata preceduta da un lavoro di incisione molto attento e profondo, per cui tutte le figure, anche dove il colore era scomparso, risultavano dai contorni molto netti e ben definiti. Questo importante dettaglio ha permesso di mostrare chiaramente l'intenzione dell'artista, rendendo così più semplice e corretto l'intervento del restauratore. I soggetti dipinti tra finestre d'invenzione, fanno chiara allusione ai commerci e ai viaggi in cui i Soranzo furono impegnati nel corso della loro storia. Lo stile esecutivo, pur rimandando alla tradizione cinquecentesca, è riconducibile alla scuola del Caliari, molto attiva anche dopo la morte del maestro, che si è evoluta nel '600 verso modi più barocchi diventati poi usuali nel XVII secolo. Un intervento di ricostruzione molto delicato, forse il più difficile - conclude Monti - si è reso necessario alla base della villa per un'altezza di un metro e mezzo circa dove, per contrastare l'umidità di risalita, era stato tolto l'intonaco fino ai mattoni. L'intervento è stato svolto nel pieno rispetto della decorazione soprastante creando una base d'appoggio consona all'unitarietà  dell'insieme". Seguendo le vicende documentarie esibite dagli studiosi che si sono occupati della storia della villa, apprendiamo che "la Soranza" nel 1761 passò per eredità alla famiglia Cornaro di San Maurizio detta "della Cà  Granda". I Cornaro erano ritenuti una delle casate più ricche di Venezia e, oltre a numerosi immobili, possedevano una riserva di un milione d'oro e l'annua rendita di 40.000 ducati. Ma, come la storia insegna, anche le più grandi ricchezze possono sfumare. Nel 1821 Andrea Cornaro soprannominato per il suo pessimo carattere "il mulo Corner", vendeva la villa al prof. Bonato. Al Bonato si succedettero altri proprietari fino all'acquisto, in tempi più vicini a noi, da parte di Oreste Fracasso che conserva "la Soranza" con esemplare cura e passione. Oltre che per le preziosità  artistiche (da non dimenticare i caminetti interni attribuiti al Vittoria), villa Soranzo è ricordata anche per gli episodi di storia risorgimentale vissuti al suo interno. Quando nella seconda metà  dell'Ottocento fu di proprietà di Giuseppe Vio, fervente patriota, la storica dimora diventà sede del "Comitato Segreto delle Provincie Venete" e di una stamperia clandestina. Convennero qui, lontani dagli sguardi della sospettosa polizia Austriaca, oltre settanta affiliati del Comitato tra cui Arnaldo Fusinato, i fratelli Legnazzi, l'abate Giacomo Zanella e il conte Antonio Grimani. Momenti lontani, in cui le speranze della patria risuonarono nelle sale che per molti anni avevano ospitato una delle famiglie veneziane che più avevano tenuto alto il nome della Serenissima. (Diego Mazzetto)
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