Ballin e Acrib: la sfida calzaturiera degli ultimi anni ‘90

Incontrare Giorgio Ballin non è difficile, basta andare alla moderna fabbrica di famiglia di Fiesso d’Artico e chiedere di lui. Certo, perché Giorgio, nonostante la soglia dei quasi ottantacinque anni di età, non riesce a rinunciare al giro quotidiano in fabbrica. “Mi piace stare a contatto con le maestranze - egli sottolinea - , fare due chiacchiere con i capifabbrica, sentire il profumo della pelle, prenderla in mano”. E il suo giro non passa inosservato. “Se non lo vediamo ci preoccupiamo” – scherza la figlia Gabriella che con gli altri fratelli e Roberto Barina è a capo dell’azienda nel cuore della Riviera del Brenta che produce calzature con il proprio marchio “Ballin” e per le grandi firme mondiali. L’imprenditore Giorgio Ballin, sesto Presidente Acrib, ha vissuto tutta la sua vita a contatto con le calzature e i primi tempi sono stati davvero duri. “Mio padre era operaio allo stabilimento industriale di Porto Marghera e io, appena terminata la scuola a 10 anni, come tutti i ragazzini di quel tempo avevo due alternative: o rimanere in piazza a giocare a pallone o avviarmi ad un mestiere. Naturalmente, anche per darmi un’educazione ai valori della vita, in famiglia venne decisa la seconda possibilità e così fui mandato a fare il garzone di scarpe ‘a banchetto’, come era consuetudine allora. Con buona volontà e impegno, in circa tre anni si riusciva ad imparare bene il mestiere dell’arte calzaturiera, ossia ‘fare gli spaghi’, cucire, dare la carta vetrata e compiere le opportune operazioni di finissaggio. Il mestiere mi piaceva, e mi affascinava soprattutto il risultato finale, cioè vedere uscire dalle mani una scarpa attraverso pochi e poveri materiali. Fu così che imparai tutte le fasi di lavorazione, ma, quando diventai più grande, per riuscire ad ottenere l’esonero durante la guerra dovetti interrompere l’attività per fare il ‘tirante’ di barche lungo il Brenta. Al termine del conflitto mondiale decisi che era giunto il momento di mettermi in proprio: lo feci con mio fratello Guido e altri due soci. Allora si faceva un po’ di tutto in fabbrica, si produceva e si andava anche a vendere le scarpe ai clienti”. Una bella foto, esposta nell’atrio dell’azienda Ballin di Fiesso, mostra Giorgio con due grosse valigie in mano e un largo sorriso. “Ecco – ci racconta – questa foto documenta gli innumerevoli viaggi che inizialmente facevo a Trieste e poi in tutto il Veneto per consegnare il prodotto finito. E di queste esperienze conservo il ricordo di una in particolare che ogni tanto mi torna in mente. Per raggiungere un negoziante, partivo in treno da Padova, cambiavo a Vicenza e andavo su a Thiene. Qui, alla stazione, approfittavo del passaggio di uno zio del cliente che con il carretto e un cavallo trasportava carbone dalla fermata della stazione al centro città. Con le valigie (pesantissime perché le scarpe erano tenute in tiro e protette dai formini di legno), salivo sul carretto e così, a volte anche un po’ sporco di carbone, giungevo al negozio”. I passi successivi per l’azienda Ballin furono poi tutti in salita, spinti da tanto impegno e dai venti favorevoli che soffiavano sull’economia nel momento del boom economico. “Riuscimmo a cogliere le opportunità che il mercato allora offriva – rammenta Ballin – espandendoci con la clientela in Europa e successivamente negli Stati Uniti. Ricordo una stagione memorabile tra il 1964-65 dove spedimmo in Russia 150.000 paia di scarpe in una decina di modelli, tra cui 20.000 paia di una calzatura femminile in vernice nera e vitello rosso con solo tre paia contestate. E da quei successi nacque anche l’esperienza all’Acrib. “Fui tra i fondatori e tra gli strenui sostenitori dell’Associazione Calzaturieri della Riviera del Brenta, associazione che ho sempre considerato fondamentale per la crescita e per la difesa del nostro comparto. Anche questa esperienza non si è rivelata facile: lavorando tutti nello stesso settore le gelosie non mancavano, come del resto è anche umanamente comprensibile, infatti io stesso sono sempre stato geloso del mio lavoro. Però siamo riusciti a superare gli ostacoli ponendoci una regola: come associazione dovevamo lavorare in squadra e formare un fronte comune per l’interesse di tutti, poi, tornati nella propria fabbrica, ognuno faceva il proprio mestiere. Questo atteggiamento ha permesso all’Acrib di andare avanti per la propria strada a testa alta facendosi rispettare anche nei momenti più difficili, quando ci furono divergenze di idee con l’Anci e la Confindustria”. Alla scadenza del mandato di Angelo Gobbo, avvenuta nel 1996, il nome di Giorgio Ballin fu il primo che emerse tra i candidati alla presidenza. “Accettai volentieri l’incarico - egli ricorda - e devo ammettere di essere stato anche piuttosto fortunato perché il mio mandato si svolse con tranquillità. Tra i traguardi maturati sotto la mia presidenza, e di cui vado fiero, desidero ricordare lo sviluppo dell’area veneta alla GDS di Dusseldorf. Un obiettivo che mi ha reso orgoglioso per ragioni, se vogliamo, anche sentimentali. La Germania, infatti, fu uno dei primi paesi in cui decisi di scommettere all’inizio della mia attività. Ero affascinato dalla capacità di ripresa dimostrata da quel popolo dopo le devastazioni della guerra: prima si pensava a rifare le industrie, poi a tirare su le case. Con la mia 1100 iniziai a macinare chilometri e …patate: un alimento nutriente ed estremamente economico, soprattutto in Germania. L’inizio non fu certo semplice, anche per una certa diffidenza verso il nostro prodotto, ma poi, pian piano, le richieste cominciarono a crescere sempre più e cominciai a raccogliere ordini a Francoforte, Monaco e Stoccarda fino ad arrivare a Dusseldorf dove esponevo il campionario ai clienti nelle sale dell’albergo in cui ero ospitato. Un’altra grande soddisfazione fu poi per me la continuazione della mostra itinerante per il mondo “I Mestieri della moda a Venezia”, già iniziata con i miei predecessori. Durante il mio mandato venne allestita a Londra ed ebbe un largo successo di visibilità e di critica. Ma il traguardo che ritengo particolarmente interessante e utile per il nostro distretto calzaturiero riguarda l’apertura, in collaborazione con la Regione Veneto e l’ufficio per il commercio estero, di uno Show Room nella 57° strada di New York riservato alla calzatura veneta - dal nome Venetian Fashion Group - dove i soci dell’Acrib avevano la possibilità di esporre il loro campionario in un box personale. Fu uno dei primi progetti che ha messo insieme diverse aziende per l’obiettivo comune di uno show room multibrand, cosa che fino ad allora non esisteva. Certo, le difficoltà non erano poche perché mettere d’accordo imprenditori in concorrenza tra loro e convincerli a trovare un modo comune di agire, gestendo gli spazi a disposizione e la disponibilità, era un’impresa tutt’altro che semplice. Ma l’intelligenza e il buon senso prevalsero, anche perché quest’occasione era troppo importante per la sua valenza economica e d’immagine. Era infatti chiaro a tutti che aprire singolarmente uno show room in un paese dove i costi di servizio risultavano altissimi si sarebbe dimostrata un’impresa davvero proibitiva”. E un altro merito di Giorgio Ballin come Presidente Acrib - sottolineiamo noi di Business Shoes - è stato quello di promuovere la pubblicazione del bellissimo e significativo libro “Cento anni di industria calzaturiera nella Riviera del Brenta”. Un’opera ricca e complessa, curata da eminenti studiosi, dove la storia del distretto brentano viene analizzata in tutte le sue variegate sfaccettature. Ecco, in poche righe, la storia imprenditoriale e associativa del sesto Presidente dell’Acrib: una storia che continua, visto che la sua azienda oggi è guidata con successo dai figli. Alla luce di questa realtà c’è un’ultima domanda che ci sembra d’obbligo formulare a Giorgio Ballin: “Si può dunque credere nelle possibilità del ricambio generazionale per le aziende della Riviera?” Ballin sorride: “Io sono stato un uomo fortunato perché ho avuto dei figli che si sono appassionati al mio mestiere. E’ chiaro che la loro scelta mi ha reso felice e orgoglioso, ma, se fosse stato il contrario, questo per me non sarebbe stato un dramma. Sono convinto che i figli debbano seguire le proprie inclinazioni e cercare la strada a loro più congeniale senza forzature da parte della famiglia. Come è naturale, avendo fatto per tanti anni questo lavoro, cerco di consigliarli al meglio e l’invito che mi sento di trasmettere quotidianamente è quello di proseguire nei loro sogni facendo sempre più squadra con la dirigenza, ma anche con gli operai, perché è importante che qualsiasi collaboratore abbia stima di chi li guida, sul piano umano e professionale. Secondo la mia modesta opinione, solo confrontandosi con gli altri si può giungere, in qualsiasi campo, ai risultati migliori. E questa filosofia, che mi ha sempre accompagnato nella vita e nei quasi cinquant’anni di presenza e collaborazione con l’Acrib, penso sia la più utile per affrontare le difficoltà dei mercati con i quali il mondo, lanciato verso la globalizzazione, ci obbliga ormai ogni giorno a confrontarci”. (Diego Mazzetto)
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