TUNISIA, A GRANDI PASSI VERSO LO SVILUPPO

Negli ultimi anni la Tunisia ha fatto moltissimo per dirigersi a grandi passi verso un livello di forza economica e di standard organizzativi e di servizi che la posizionerebbe a ridosso dei Paesi europei, suoi naturali partner commerciali. La presenza di materie prime, il modello europeo e la vicinanza con i Paesi tecnologicamente più avanzati ha permesso agli Stati di tutta l’area mediterranea dell’Africa di elevarsi dallo status di paesi del terzo mondo a quello di cosiddetti paesi del secondo mondo. Stati cioè con conti pubblici, economia, prospettive di crescita, organizzazione dello Stato, sistema amministrativo e legislativo abbastanza evoluti, e un livello di ricchezza complessivo appena un gradino sotto i Paesi occidentali. In particolare la situazione macroeconomica tunisina è sostanzialmente solida e stabile, pur permanendo alcuni problemi. Su tutti il tasso di disoccupazione, che continua ad essere a livelli ben superiori al 10% (nei quattro anni dal 2003 al 2006 ha sempre avuto valori compresi tra il 14,9% e il 13,5%), e che non sembra avere tendenze al ribasso. Al momento non sono disponibili stime per il 2007, ma la disoccupazione non sembra essere una priorità per il governo tunisino, che preferisce concentrarsi sulla crescita e lasciare che il numero dei non occupati diminuisca di conseguenza (con l’obiettivo di creare nel 2007 circa 80 mila nuovi posti di lavoro); infine va detto che i dati ufficiali andrebbero corretti per via dell’effetto del lavoro sommerso. Altri grossi problemi dell’economia tunisina sono il cronico deficit commerciale, il comparto tessile in difficoltà (che con la fine dell’accordo “Multi Fibre” nel 2005 si è aperto alla concorrenza dei Paesi asiatici) e il sistema bancario che andrebbe riformato al più presto seguendo la strada intrapresa in altri settori dell’economia. Il sistema creditizio tunisino (in buona parte statale) è infatti arretrato e inefficiente, e nuove preoccupazioni sono state destate dalla grande quantità di irregolarità riscontrate, come i debiti non pagati da imprenditori vicini al Governo ed i prestiti concessi senza adeguate garanzie ad imprenditori che hanno investito in progetti turistici infruttuosi. La volontà delle autorità sembra essere tuttavia quella di una riforma del settore, e molte dichiarazioni rilasciate da esponenti del governo fanno prevedere una serie di privatizzazioni, come è già avvenuto (anche se molto a rilento rispetto a quanto programmato) con altre public holding, tra cui ad esempio Tunisie Telecom TT e Banque du Sud. Il settore tessile rappresenta, a ben vedere, il principale problema economico del Paese, poiché con la fine del 2004 che ha segnato il termine dell’accordo “Multi Fibre”, si è iniziato a registrare un drastico calo delle commesse e delle esportazioni dell’intero comparto soprattutto verso l’Europa. Il problema è in cima all’agenda del Governo, tanto che le autorità tunisine sono alla continua ricerca di soluzioni, partnership e appoggi dai Paesi europei. A questo proposito va citato il recente accordo tra Tunisia e Turchia volto proprio ad aumentare la reciproca collaborazione, e il varo di una serie di aiuti finanziari per le aziende che passeranno da forme contrattuali di subappalto a quelle di partnership/associazione, per spingere le imprese a fornire un prodotto finito piuttosto che solo una parte di esso. Gli obiettivi sono chiaramente quelli di puntare sulla qualità e in generale di posizionarsi sui prodotti di gamma media per cercare di affrontare la concorrenza internazionale (lasciando la fascia bassa ai paese asiatici e quella alta all’Europa). Inoltre la Tunisia, giunta ormai all’undicesimo anno di partnership con l’UE, entra sempre più nella fase cruciale di attuazione dell’Accordo di Associazione vedendo avvicinarsi le scadenze cruciali, e la salute dei propri settori industriali è dunque fondamentale. Passando al discorso bilancia commerciale, gli ultimi dati pubblicati dal Governo (relativi al 2006) mostrano un deficit in forte aumento (+30% circa), con le importazioni che sono cresciute del 15% e le esportazioni in aumento del 12,5%. Questo ha portato il deficit delle partite correnti, che era sceso in media del 2,6%in percentuale sul Pil nel triennio 2003-2005, ad un aumento nel 3,2% del Pil nel 2006 (e la previsione per il 2007 è di un pessimo +3,1%), nonostante l’ottima performance dei servizi (turismo compreso) e delle rimesse, con proventi rispettivamente in aumento del 17,7% e del 13,2%. Ma come si può intuire da questi dati relativi ai servizi, l’economia tunisina non presenta solo problemi; anzi: la popolazione e l’aspettativa di vita sono in aumento; il Pil negli ultimi anni è cresciuto con percentuali tra il 5% e il 5,6% (la previsione per il 2007 parla del 6%); il tasso di inflazione è basso, e dal 2003 è oscillato tra il 2% e il 4,2% (nel 2007 dovrebbe attestarsi al 3,5%); il tasso di investimenti rispetto al Pil è stabilmente intorno al 20%, e il deficit di bilancio è praticamente inesistente. Infine la Banca Centrale di Tunisia continua la sua saggia politica di lasciar fluttuare il dinaro in risposta al variare del rapporto tra dollaro e euro, mantenendo la moneta più debole nei confronti dell’euro e molto forte rispetto al dollaro. Sul fronte dell’interscambio con l’estero, i principali mercati per le importazioni e le esportazioni tunisine sono rappresentati da Paesi dell’area euro, e più in generale nel 2006 i risultati del commercio estero sono stati caratterizzati dalla continuità con i risultati del 2005, con un forte aumenti dopo un periodo di stagnazione nel 2000-2003. La dipendenza dell’economia tunisina dagli scambi con l’estero è notevole (esportazioni e importazioni rappresentano rispettivamente il 30% e il 40% del Pil), e, come già accennato, circa l’80% dell’interscambio è realizzato con l’UE, con la quale a partire dal 2001 si è avviata la fase di abbattimento tariffario prevista dall’Accordo di Associazione. La classifica dei principali Paesi fornitori della Tunisia vede la Francia al primo posto (28%), seguita dall’Italia (25%), dalla Germania (10,5%) e dalla Spagna (6%); stessa graduatoria sul fronte delle esportazioni, con la Francia ancora al primo posto (29,3%), seguita da Italia (19,7%), Germania (9,1%) e Spagna (5,2%). L’interscambio commerciale con l’Italia nel 2006 (dati disponibili solo per il primo semestre) ha confermato il saldo positivo in favore del nostro Paese, grazie ad un forte incremento delle esportazioni dall’Italia alla Tunisia nel settore agroalimentare (+87%), in quello delle industrie meccaniche ed elettriche (+13%, primo settore per importanza) e in quello delle industrie manifatturiere (+26%); male il settore tessile e abbigliamento (-12%) che perde anche lo scettro di settore più importante dell’import dall’Italia. Il calo nel settore tessile e abbigliamento, dove le esportazioni tunisine (anche verso il nostro Paese) superano regolarmente le importazioni, desta qualche preoccupazione viste le migliaia di aziende europee (tra cui centinaia di italiane) delocalizzate in Tunisia, che producono li per poi riesportare in Europa. Tra le esportazioni tunisine verso l’Italia tutte le voci sono in rialzo, tranne il settore energetico in forte ribasso (-22%) e l’agroalimentare in lieve flessione (-2%).
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