LIBIA, MERCATO STRATEGICO PER L'EUROPA

Che la Libia sia un mercato strategico per l’Europa, e per l’Italia in particolare, è ormai chiaro alla maggior parte degli osservatori: ha 1.800 Km di coste che si affacciano sul Mediterraneo, si sta aprendo al commercio internazionale, e soprattutto ha grandi risorse naturali (soprattutto petrolio e gas naturale). A questo proposito il 2006 conferma la stretta collaborazione tra Libia e Italia, con la messa in funzione a pieno regime dell’impianto di Mellitah, che dall’inizio dell’anno trasporta mediamente dagli 8 ai 10 miliardi di metri cubi di gas in Italia attraverso un gasdotto trans-mediterraneo che congiunge la Sicilia alle coste libiche. In seguito alla piena entrata in funzione del gasdotto, la Libia ha occupato nel 2006 il settimo posto nella graduatoria dei Paesi fornitori dell’Italia Ma andiamo con ordine e diamo uno sguardo ai fondamentali dell’economia libica. Il prodotto interno lordo rimane dal 2001 su valori compresi tra il 3,3% e il 5%, con la sola eccezione del 2003 (+9,3%). Il dato del 2003 è anomalo, ma è influenzato dal processo di graduale apertura del Paese agli scambi internazionali rispetto all’isolamento patito negli anni 80 e 90 a causa dell’embargo e delle sanzioni dell’ONU in seguito alle note vicende relative al terrorismo. La sospensione dell’embargo a partire dal 2000 e la sua definitiva eliminazione a settembre 2003 da parte dell’ONU e ad aprile 2004 da parte degli Stati Uniti in seguito alla visita di Gheddafi a Bruxelles (23 aprile 2004), unite alla cancellazione dalla lista dei Paesi dediti al terrorismo internazionale da parte degli USA, hanno messo fine all’isolamento nel quale si trovava la Libia da oltre 15 anni. E da allora il Paese ha dimostrato un notevole interesse per una graduale e crescente collaborazione con il mondo occidentale per favorire il proprio sviluppo, ed in particolare con I’Italia, primo partner commerciale. E il Pil libico, così come la maggior parte dei fondamentali dell’economia, risente appunto della normalizzazione delle relazioni con Europa e Stati Uniti iniziata nel 1999 e decollata nel 2003. Come parte di questo processo, anche l’abbandono del tasso di cambio ufficiale con il dollaro (1 gennaio 2002) fissato precedentemente al valore incoerente di 1,5 dollari per un dinaro, ha avuto l’effetto di rendere reale l’aumeto del Pil in questi ultimi anni (pur con l’apparente caduta del Pil nominale tra il 2001 e il 2002). Il tasso di disoccupazione, che secondo i dati ufficiali è pari a circa il 13%, risulta in realtà molto più elevato, poiché la stima del 13% è calcolata sul totale della popolazione libica, mentre se si considera che, a causa dell’elevata natalità una rilevante quota di popolazione è sotto l’età lavorativa, la forza lavoro su cui il Paese può effettivamente contare non supera i 3 milioni di individui, il tasso di disoccupazione effettivo raggiunge quasi il 25%. Il reddito pro-capite medio è il più elevato tra i Paesi del Nord Africa (4500$ annui circa), mentre il tasso d’inflazione reale (secondo un recente rapporto del FMI ) ha registrato una crescita del 5-6% annuo, a fronte del tasso stimato dalle autorità libiche (1,8%); secondo il FMI, l’effettivo valore dell’inflazione non emerge dalle stime fornite dalle autorità poiché circa il 40% del paniere che compone l’indice dei prezzi al consumo è formato da prezzi politici applicati ai beni di prima necessità. I risultati in parte deludenti riguardo al completo rilancio dell’economia libica sono stati il motivo per cui il primo ministro Shukri Ghanem è stato sostituito dal 2006 dal suo vice Mahmud Al Baghdadi al vertice dell’esecutivo, ed è stato dirottato alla direzione della National Oil Corporation, che rappresenta la principale realtà produttiva libica. Il primo ministro aveva suscitato molte speranze sul rilancio dell’economia (privatizzazioni, riforma dello stato e della burocrazia...) ma senza molto successo. Uno dei problemi dell’economia libica nasce poi dal suo sistema di governo di tipo socialista in cui le scelte di investimento e di consumo sono effettuate nei limiti del budget fissato annualmente dalle autorità: dalla rivoluzione del 1969 il sistema politico libico, unico nel panorama internazionale, si caratterizza per l’assenza di partiti politici e ha il suo cardine nel Libro Verde redatto nel 1976 da Gheddafi; si tratta di una fusione tra socialismo ed islamismo, e si configurava come un’alternativa sia al capitalismo che al comunismo, in cui la presenza dello Stato nell’economia è rilevante. Ma il settore privato è in forte crescita e questo favorirà nei prossimi anni interessanti opportunità per le piccole e medie imprese (anche italiane). Oltre agli Enti di stato, sempre minori di numero, negli ultimi anni è cresciuta l’attività privata in numerosi settori, tra i quali l’industria petrolifera, le costruzioni, le industrie siderurgica e meccanica, il settore agricolo e agro-alimentare, la pesca e il settore dei materiali per costruzioni. E’ dunque in questo quadro, fatto anche di una forte e ritrovata presenza internazionale, che Ia Libia può offrire notevoli opportunità, soprattutto se si considera che l’economia è totalmente dipendente dalle importazioni (l’unico prodotto libico è di fatto il petrolio, dal cui prezzo dipende anche quasi totalmente la bilancia commerciale) ed ha quindi necessità di approntare un intenso programma di industrializzazione. E per il momento la Libia si è distinta come partner petrolifero molto affidabile: importanti da questo punto di vista sono state le due gare per l’assegnazione di concessioni di esplorazione e produzione congiunta di petrolio (EPSA) a gennaio ed ottobre del 2005, a seguito delle quali sono stati firmati oltre trenta contratti con compagnie americane, europee (4 contratti alla sola ENI) ed asiatiche, caratterizzate secondo i partecipanti dalla grande trasparenza, e che hanno comunque permesso all’Ente di Stato libico di ottenere percentuali di produzione molto elevate rispetto alle stesse percentuali previste dai contratti degli anni 90 ed in vigore con le grandi multinazionali. Per quanto riguarda l’interscambio, l’Italia si è confermata in assoluto il primo Paese fornitore con una quota che nel 2006 ha raggiunto circa il 20,1% del totale delle importazioni della Libia, seguita dalla Germania (7,2%), dalla Tunisia(6,2%), dalla Francia e dal Regno Unito. Nel 2006 si è registrato un forte aumento delle nostre importazioni di petrolio e gas (da 9,8 miliardi di euro del 2005 a 12,66 miliardi di euro del 2006), e un leggero aumento delle nostre esportazioni, e questo conferma e aggrava il saldo negativo (per il nostro Paese) dell’interscambio tra Italia e Libia ormai divenuto strutturale e dovuto alla bolletta energetica (petrolio e gas). Per quanto riguarda l’incremento delle nostre esportazioni, hanno contribuito soprattutto le voci relative ai prodotti dell’agricoltura e pesca, di articoli di abbigliamento e delle pelli e calzature, dei prodotti chimici e della plastica, di metallo e della metallurgia, delle macchine ed apparecchi meccanici, radiotelevisivi, medicali e mezzi di trasporto, mentre sono in calo le esportazioni di prodotti della macinazione e mobili. Occorre infine notare che il 33,4% del nostro export è costituito da prodotti petroliferi raffinati (471 milioni di euro su 1,4 miliardi).
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