Il brand per vincere la sfida del mercato

“Le imprese calzaturiere italiane che vogliono conquistare i mercati esteri devono prima costruire un brand integrato e poi sviluppare con altre aziende complementari una piattaforma di risorse e di servizi logistici o commerciali, senza però intaccare l'autonomia e l'identità del proprio marchio”. Il presidente dell'Anci, Vito Artioli, assieme a calzaturieri, stilisti, manager e politici, si è dato appuntamento a Stra, nella “capitale” dei calzaturieri della Riviera del Brenta (Venezia), per il convegno “L'internazionalizzazione e il settore calzaturiero”. E proprio qui si trovano marchi e calzaturifici che per primi hanno capito l'importanza del brand e hanno vinto la sfida dei mercati internazionali con la scarpa di lusso. Nel corso degli ultimi anni il settore calzaturiero ha registrato un intensificarsi della concorrenza che ha portato un eccesso di offerta rispetto alla domanda, soprattutto sulla fascia bassa. “Oggi, quindi, competere a livello internazionale significa prestare particolare attenzione non solo al prodotto ma anche al prezzo, al time-to-market, alla funzionalità del prodotto, alle profonde differenze che esistono fra mercato e mercato”, ha attaccato Artioli.Della stessa idea anche il padrone di casa Luigino Rossi, nominato presidente onorario di Anci, che sottolinea come la sfida del mercato internazionale si vinca con i brand. La ricerca della Sda Bocconi parte dai cambiamenti di scenario, proprio perché da quelli deriva un nuovo approccio al mercato da parte delle aziende italiane e quindi nuovi percorsi nel processo di internazionalizzazione. Il settore calzaturiero mondiale ha registrato a livello globale una crescita significativa, che dal 2001 al 2005 è stato del 3,3%, raggiungendo a fine periodo un fatturato complessivo di 155 miliardi di euro e un volume di 14,5 miliardi di paia prodotte. “Questo intensificarsi della concorrenza ha portato recentemente al verificarsi di un eccesso di offerta rispetto alla domanda, soprattutto sulla fascia bassa – ha coomentato Vito Artioli - Oggi, quindi, competere a livello internazionale significa prestare particolare attenzione non solo al prodotto ma anche al prezzo, al time-to-market, alla funzionalità del prodotto, alle profonde differenze che esistono fra mercato e mercato”. Sono sostanzialmente due le tendenze che emergono dall’analisi della Sda Bocconi del mercato calzaturiero e dei modelli di business delle imprese italiane e straniere. Da un lato lo scenario globale è composto da macro-aree di riferimento, con caratteristiche anche profondamente diverse fra loro: l’andamento dei consumi e della produzione, il livello dei prezzi e la tipologia di cliente variano notevolmente, pertanto ciascun mercato richiede un approccio molto specifico e differenziato. Dall’altro lato, tuttavia, nonostante consumi, importazioni, prezzi e player di settore cambino notevolmente a livello generale, il settore ha presentato negli ultimi anni trend globali omogenei che hanno influenzato notevolmente la configurazione delle imprese. Ed è proprio guardando a questi macro-trend che si possono identificare i modelli di business di successo per il settore. “Oggi, quando un’impresa guarda al mercato internazionale deve mettere in conto di adattarsi a consumatori, stili ed abitudini profondamente diverse – continua il presidente Artioli. Vi è per esempio una crescente tendenza alla micro-segmentazione in base alla fascia prezzo, al contenuto moda, al sesso ed all’età cliente. Lo stesso mercato geografico, poi, è fortemente differenziato: il prodotto standard e comfort è apprezzato soprattutto in Europa del Nord, quello fashion estremo in Russia, il prodotto casual nel mercato statunitense. Per questo un’impresa, pur non perdendo la propria identità, è obbligata, più che in passato, ad adattarsi al mercato.” La ricerca ha messo in evidenza che anche quando, per ragioni di dimensioni e risorse finanziarie, le aziende non hanno attuato una politica commerciale basata sul radicamento, cioè su una presenza diretta nel mercato con filiali commerciali, showroom o negozi monomarca, queste sono perfettamente consapevoli dell’importanza di una maggiore vicinanza con il consumatore. Il 76% delle imprese ritiene un fattore critico di successo per lo sviluppo del business futuro il presidio dei mercati tramite showroom (indipendenti o collettivi), partnership con clienti chiave del trade e distributori, integrazione a valle. I servizi al trade assumono un’importanza strategica, e l’ampliamento della gamma è una necessità per rispondere a segmenti di consumatori differenti. La comparsa sul mercato calzaturiero, a partire dal 2000, di alcuni delle aziende più importanti dell’abbigliamento, che tra le proprie strategie di diversificazione hanno inserito linee di calzature con marchio proprio, ha ulteriormente complicato lo scenario. Il loro ingresso ha provocato un profondo cambiamento delle regole del gioco che ha reso il brand un fattore critico di successo, e gli investimenti in comunicazione un potente strumento per la “conquista” e la fidelizzazione del cliente. “Ciò che emerge dalla ricerca è la necessità di un passaggio di cultura imprenditoriale – conclude il presidente Anci - Da un approccio basato sulla superiorità del prodotto occorre passare ad una visione più orientata al mercato. Far crescere la dimensione aziendale va di pari passo con la valorizzazione del marchio: il mercato ci impone di essere riconoscibili, di essere percepiti nella nostra unicità”. Dalla ricerca commissionata da Anci, quindi, emergono due grandi opzioni di internazionalizzazione per le aziende calzaturiere italiane. Le imprese hanno di fronte a sé diversi modelli di business, ma due sembrano essere le costanti per le aziende che vogliono internazionalizzarsi: da un lato costruire un brand integrato, magari prima sul mercato interno e poi su quello internazionale; dall’altro, sviluppare con altre aziende complementari una piattaforma di risorse e di servizi logistici o commerciali, senza però intaccare l’autonomia e l’identità del singolo marchio.
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