Guariento e la Padova Carrarese

Organizzata dal Comune di Padova –Assessorato alla Cultura e Civici Musei, con la collaborazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, la mostra dedicata a “Guariento e la Padova Carrarese” (aperta fino al 31 luglio), rappresenta uno degli appuntamenti più interessanti per la conoscenza della storia dell’arte medievale veneta e di un pittore, Guariento, la cui attività artistica non era finora stata mai oggetto di un’ approfondita indagine. Curata da Davide Banzato, Francesca Flores d’Arcais e Annamaria Spiazzi, la mostra coinvolge più sedi espositive (dieci in tutto) a partire dalla rinnovata sede di palazzo del Monte in piazza Duomo, per poi proseguire con i Civici Musei agli Eremitani, Palazzo Zuckermann, il Museo Diocesano e la casa del Petrarca ad Arquà. Alle esposizioni principali si aggiunge inoltre un ulteriore itinerario alla scoperta della Padova Carrarese cogliendo diversi aspetti della vita cittadina e di corte nel Trecento attraverso varie documentazioni: dalla letteratura alla musica, dalla scienza alla scultura, dalle arti applicate (oreficeria, ceramiche, avori e mobili) alla monetazione, e perfino alla moda. A rappresentare il cuore dell’esposizione è senza dubbio l’arte del Guariento, mirabilmente formata da un nutrito numero di opere raccolte in tutto il mondo che documentano per la prima volta l’opera del grande Maestro degli Angeli, giustamente considerato, dopo Giotto, il più grande interprete della pittura trecentesca a Padova. Per creare un momento di confronto dell’arte di quel periodo, alle opere del Guariento sono stati affiancati nella mostra altri capolavori di maestri contemporanei, tra cui Giotto, Pietro e Giuliano da Rimini, Vitale da Bologna, Paolo e Lorenzo Veneziano, Giusto de’ Menabuoi, Altichieri da Zevio, i Vivarini, Niccolò di Pietro e Michele Giambono. Guariento di Arpo nacque con molta probabilità nella cittadina di Piove di Sacco intorno al 1310 e fu il primo pittore di corte a Padova, città allora dominata dai Carraresi i quali, per emanciparsi politicamente dalla vicina rivale Venezia, fin dal 1318 decisero di impegnarsi in una politica di espansione urbanistica e artistica così da offrire ai potenti del tempo una visione di potere e prestigio. Guariento fu artista privilegiato in questo progetto e fu chiamato a decorare, tra il 1345 e il 1352, le tombe principesche di Ubertino e Jacopo II da Carrara, un tempo conservate nella perduta chiesa di Sant’Agostino e ora custodite agli Eremitani. Ma il suo vero e proprio capolavoro fu l’ornamento della cappella privata dei principi, realizzata all’interno del palazzo di Ponente costruito da Ubertino nel 1343, poi trasformata nel Settecento in sala delle adunanze dai membri dell’Accademia dei Ricovrati (ora Accademia patavina di scienze, lettere e arti). Qui i Carraresi e i loro illustri ospiti, alzando gli occhi al soffitto, potevano vedere la tavola con la Vergine, mentre ai quattro angoli spiccavano i tondi con gli evangelisti. E poi tutto intorno le famosissime Gerarchie Angeliche con schiere di angeli, arcangeli, serafini e cherubini, opere affascinanti per la complessità iconografica, per la bellezza della pittura e la delicata e sfumata trasparenza dei colori. Nel corso della mostra, il visitatore ha modo anche di scoprire quel poco che rimane dell’imponente affresco eseguito dal Guariento per la sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale a Venezia e commissionato dal doge Marco Corner. Nella grandiosa sala veneziana, Guariento aveva eseguito l’opera che gli regalò maggior fama, tanto che il popolo si recava a visitarla nel giorno dell’Ascensione. Il grande affresco (25 metri di estensione), fu gravemente danneggiato nel devastante incendio del 1577 di Palazzo Ducale, tanto da essere “coperto” dalla tela dello stesso soggetto dipinta secoli più tardi dal Tintoretto. Fu nel 1903 che, per un caso fortuito, i lacerti del Paradiso furono riscoperti e, data la loro importanza artistica, staccati dalla parete. Anche se ridotta in condizioni pietose, l’opera permette di contemplare il maestoso trono intorno al quale si svolge l’Incoronazione della Vergine, scena circondata dagli evangelisti, dai beati, santi, profeti e i cori angelici nelle famose gerarchie. Nell’iconografia del dipinto il Guariento usufruì di un originalissimo illusionismo spaziale che gli permise di raggiungere effetti di eleganza, preziosità e raffinatezza. Nel corso della sua produzione artistica, Guariento non dipinse solo angeli, ma realizzò anche tavole di soggetto sacro per illustri committenti. La mostra ripercorre le tappe salienti della sua produzione a cominciare da un’opera giovanile (l’unica firmata) di matrice fortemente giottesca. Si tratta della Croce stazionale proveniente dal museo di Bassano e commissionata all’artista dalla nobildonna Maria dè Bovolini che si può notare inginocchiata e orante ai piedi della croce. Tra gli altri capolavori della mostra merita poi di essere menzionata la bellissima Madonna con il Bambino proveniente dal Metropolitan Museum di New York, mentre, tra “gli assenti”, è doveroso citare il prezioso polittico con l’Incoronazione della Vergine (non presente nell’esposizione in quanto composto da decine di pezzi che ne rendono difficile e oltremodo rischioso il trasporto). Quest’opera fu realizzata nel 1344 per il duomo di Piove di Sacco su incarico dell’arciprete Alberto, e oggi è conservata al Norton Simon museum di Pasadena in California. Sempre dalla cittadina a pochi passi da Padova in cui gli studiosi hanno individuato il luogo di nascita del Guariento, emerge un ulteriore contributo assegnabile al grande Maestro degli Angeli. Giuliana Ericani, che ha seguito i recenti lavori di restauro nella chiesa di San Nicolò, ha ipotizzato un possibile intervento giovanile dell’artista trecentesco nella realizzazione dei quattro apostoli ancora rimasti, nel Cristo Pantocratore dipinto nella mandorla e nelle figure della Vergine e San Giovanni Battista che completano la decorazione del catino absidale. Quella della chiesetta di Piove di Sacco, se confermata dalla critica, sarebbe una delle prime opere certe dell’artista, insieme al già citato polittico conservato a Pasadena, che andrebbero a documentare l’opera del pittore inserito a pieno titolo tra i precorritori del gotico internazionale. (Diego Mazzetto)
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