Usare la testa prima delle scarpe


Con oltre 7,54 miliardi di euro di produzione e 6,88 miliardi di esportazioni (ovvero 92 euro venduti all'estero su 100 commercializzati), può sembrare che la calzatura italiana abbia raggiunto tutti i mercati e il suo massimo potenziale di crescita. Purtroppo non è sempre così, come emerge dalla ricerca commissionata a Bain & Company Italy dall'Anci, l’Associazione Nazionale Calzaturifici Italiani, e presentata in occasione del convegno annuale che si è tenuto a Palazzo Ducale di Lucca. "Il mercato delle calzature mondiale vale circa 160 miliardi di euro e cresce mediamente a un tasso di circa il 2% annuo - sottolinea il presidente di Anci - I dati della ricerca mostrano che la nostra quota complessiva è di circa il 12%, ma in realtà il dato media situazioni molto differenziate: dal 25% del mercato europeo a solo il 3% di quello asiatico”. Il risultato pone l'Italia in un segmento di fascia fine e del lusso, in prospettiva destinati a crescere maggiormente, anche a dispetto della crisi dei consumi. “Tuttavia è l'attuale selezione dei mercati in cui siamo presenti che ci pone delle sfide e la nostra forza sui mercati maturi rischia di penalizzarci se non sapremo sfruttare al meglio la crescita di quelli emergenti, che sempre più cercano prodotti di qualità, ma anche servizio nel retail e la percezione di acquistare qualcosa di veramente esclusivo”. La ricerca mostra inoltre che il mercato delle calzature non aumenterà di molto in termini di crescita complessiva. Gran parte della crescita si realizzerà però in aree nuove, in particolare in Asia, America Latina e Africa del Nord/Medio Oriente. L'aspetto positivo per le aziende italiane è il fatto che, in linea di principio, la loro specializzazione di prodotto è adeguata allo scenario di mercato disegnato dalla ricerca: nel 2012 il mercato mondiale arriverà a circa 180 miliardi di euro, ma saranno soprattutto il segmento del lusso e il segmento fine a generare i tassi di crescita più interessanti. Nei prossimi cinque anni la crescita del mercato del lusso (20 miliardi di euro a livello mondiale) sarà infatti di circa il 6% all'anno, mentre quello del segmento fine sarà del 3% (28 miliardi di euro), contro una crescita dell'1% della fascia media (57 miliardi) e del 2,5% della fascia economica (53 miliardi). “Il nostro posizionamento di prezzo e la qualità del prodotto – ha proseguito Artioli - ci mettono nella giusta posizione per poter sfruttare al meglio le opportunità dei prossimi anni. Tuttavia, nè la competitività nè la qualità delle nostre calzature sono sufficienti per rimanere leader nel nostro segmento”. Secondo il presidente dell'associazione, infatti, è necessario conoscere le caratteristiche dei diversi target nei vari Paesi che si affacciano sul mercato, avere i giusti partner locali, definire un posizionamento rispetto alla concorrenza, ma anche di dotarsi di risorse umane interne adeguate alle nuove sfide. “Per quanto riguarda il prodotto – ha spiegato il presidente - l'innovazione è la nostra strategia da anni. Ci sono poi strategie per arrivarci, come avere personale specializzato e manodopera a tutti i livelli capace di seguire questa innovazione sempre più complessa, sempre più tecnologica e poi sempre più capace di creare nella moda cose nuove, di creare cose sempre più di buon gusto e nella linea della tendenza che i giovani pretendono nel loro proprio abbigliamento”. Il mercato russo, ad esempio, rimane una delle mete commerciali più interessanti, come provano anche i dati di esportazione elaborati da Anci: nei primi sette mesi del 2008 le esportazioni in Russia sono cresciute del 27% raggiungendo i 348 milioni di euro e confermando il mercato dell'Est al quarto posto in ordine di importanza (per esportazioni in valore). I consumatori infatti sono oggi molto attenti alle politiche di marchio e alla coerenza distributiva, ma il mercato rimane una realtà complessa che contrappone i department store lussuosi delle principali città alla distribuzione specializzata e non organizzata che rappresenta ancora il 50% dello scenario russo. Anche il Medio Oriente rimane un'area a forte potenziale di crescita: la nascita degli shopping mall sta favorendo l'aumento della presenza di distribuzione evoluta e di catene organizzate anche in relazione al forte incremento del turismo. In Asia, invece, rimane interessante la crescita del mercato indiano oltre a quello cinese, sebbene ad oggi il nostro export verso questi mercati sia ancora molto limitato. L'ascesa di businessmen di nuova generazione più sensibili al gusto occidentale, e i tassi di crescita previsti nei prossimi anni, fanno dell'India uno dei mercati potenzialmente più interessanti. Prospettive stimolanti non mancano però anche nei mercati maturi soprattutto in quelle nicchie che premiano non solo la qualità e il contenuto moda, ma anche il servizio al consumatore e un marketing orientato ad un ascolto continuo dell’acquirente. In Europa come negli Usa non mancano spazi di mercato per quelle aziende che sanno adottare il giusto mix tra prodotto, assortimento, prezzo, immagine/brand e livello di servizio. Molti paesi però rimangono ancora chiusi alle importazioni a causa di dazi molto elevati o di quote, ad esempio l'India, il Brasile e il Giappone. “Dobbiamo quindi lavorare su due fronti – spiega Artioli - da un lato studiare bene i paesi e le modalità con cui affrontarli e, dall'altro, pretendere condizioni di reciprocità nell'accesso ai mercati. Per questo l'azione associativa riferita alla richiesta di dazi antidumping, dell'obbligatorietà dell'etichettatura di origine in Europa e di condizioni di reciprocità delle barriere tariffarie e non tariffarie è assolutamente essenziale”. Una delle prime soluzioni che l'Anci intende mettere presto in campo è quelle di un progetto di ricerca e innovazione al fine di migliorare la raccolta in tempo reale dei dati di mercato, lo sviluppo della prototipazione rapida e della catena logistica, e mettere a punto nuove soluzioni tecnologiche. Per Artioli: “L'industria calzaturiera italiana ha ancora molte potenzialità da sfruttare. Occorre però che le imprese, in prima battuta con la collaborazione del Governo, associazioni e società fieristiche, mettano in campo strategie finalizzate ad avviare una moderna internazionalizzazione. Come associazione saremo al fianco degli imprenditori, con il supporto di iniziative concrete ma anche fornendo strumenti di orientamento strategico”. Nell’ambito del Disegno di Legge sulla nuova politica industriale “Industria 2015” ad esempio “abbiamo intenzione di presentare un progetto di ricerca e innovazione”. (Federico Lovato)
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