Squero Tramontin, il luogo magico dove nascono le gondole

Quando si pensa a Venezia, l’immaginazione corre immediatamente all’infinità di canali che contraddistinguono la meravigliosa città costruita sull’acqua e solcata dalla sua imbarcazione più tipica: la gondola. Di remote origini, fu solo tra il Seicento e il Settecento che la sua fisionomia iniziò ad avvicinarsi a quella attuale. In precedenza, infatti, le gondole erano più corte, più larghe e meno slanciate di quelle attuali, come documenta il dipinto che raffigura Il Miracolo della Croce di Gentile Bellini, conservato alle Gallerie dell’Accademia. Tra i costruttori di gondole ancora in attività che vantano una storia secolare, c’è lo squero di Domenico Tramontin & Figli, meritevole di una visita nel cantiere di Dorsoduro per la sua alta artigianalità che perpetua un sapere antico, sempre più raro a trovarsi. Fu Domenico Tramontin, nel lontano 2 febbraio 1884, a fondare l’impresa di famiglia dopo aver appreso l’arte di costruire gondole nel cantiere dei Casal ai Servi. Con genialità artigiana Domenico apportò importanti cambiamenti al modello di scafo fin d’ora costruito; modifiche che incontrarono un così ampio favore da essere definitivamente accolte anche dagli altri costruttori. A poppa fu allargato il fondo per sostenere e compensare il notevole peso dei gondolieri dell’epoca, e inoltre innalzata con una più ampia curva l’opera morta, donando alla barca una linea più elegante. Tutte queste innovazioni e migliorie fecero in modo che il cantiere Tramontin ottenesse importanti commissioni, tra cui quella della Casa Reale dei Savoia. Oggi la tradizione di famiglia è portata avanti con passione da Roberto Tramontin, con particolare attenzione alla qualità dei legni e dei materiali impiegati. Allo squero Tramontin, infatti, è bandito qualsiasi tipo di laminato o compensato artificiale. Sono utilizzate solo essenze naturali accuratamente scelte e selezionate per realizzare le parti specifiche della barca che, è bene ricordarlo, si compone di ben 280 pezzi. Il rovere, per i fianchi; l’abete, per il fondo; il ciliegio, per i trasti; il larice, per la resistenza all’acqua; il tiglio, per la stabilità; il noce, per la facilità di sagomatura delle cornici con il fuoco; il mogano, per l’omogeneità; l’olmo, per l’elasticità ottima per le costole. Qui i legni sono ancora lavorati per la gran parte a mano e utilizzando gli attrezzi di base dell’antica arte: ascia, pialla, sega e martello. Le curvature delle tavole sono ottenute esclusivamente bagnando e scaldando il legno con il fuoco: un metodo antico che si rivela ancora oggi il più efficace e rispettoso delle sue fibre. In luogo del metro decimale nel cantiere Tramontin è adoperato il piede veneto, in uso a Venezia fin dal Quattrocento, perché rimane l’unità di misura più adatta alle dimensioni e alle proporzioni della gondola. Tutti questi accorgimenti fanno in modo che l’imbarcazione possa avere un’alta longevità, variabile dai venticinque ai quarant’anni, e un equilibrio perfetto che facilita la voga e le manovre nei canali stretti di Venezia. Tra le tante curiosità che si possono incontrare allo squero Tramontin, c’è la collezione di lame, ferri, forcole e altri oggetti appartenuti a illustri proprietari, tra cui la casa Savoia. Riguardo al ferro di prua della gondola, chiamato in veneziano “fero da prova o dolfin”, è interessante notare che la sua forma a pettine simboleggia, nelle sei striscette in avanti, il numero dei sestieri di Venezia, mentre l’unica striscia posta sulla parte posteriore indica l’isola della Giudecca. L’estremità più alta rappresenta il berretto del doge. Tanti sono i ricordi vissuti nello squero da Roberto Tramontin e dalle sue maestranze tra cui gli emozionanti momenti dell’arrivo a Venezia dall’America, per un accurato restauro, della gondola appartenuta nel 1848 al celebre poeta Robert Browning. (Diego Mazzetto)
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